ALIK CAVALIERE

Dal 27 Giugno 2018 al 30 Settembre 2018

Le avventure di Gustavo B.

ALIK CAVALIERE

Il 26 giugno inaugura la mostra diffusa dedicata ad Alik Cavaliere L’universo verde, artista fra i maggiori della scultura italiana del secondo Novecento. La mostra si estende in varie sedi tra cui il Museo del Novecento con Le Avventure del Signor Gustavo Bene nella sala Focus.

Nel 1960 Alik Cavaliere (Roma 1926-Romagnano Sesia 1998) inizia il ciclo Le avventure di Gustavo B.

Vi lavora più di tre anni, fino al 1963. Molti i materiali utilizzati: lamiera, cemento, cristallo, legno, piombo, ottone, porcellana, ferro, specchio. Gustavo B, uomo senza qualità e alter ego dell’autore stesso, è il protagonista di una pièce in vari atti che racconta la sua esistenza e la trama delle sue relazioni. Viene rappresentato nelle sue ascendenze, nei luoghi in cui abita, nella sua vita sociale e domestica, nei rapporti con la natura, nel presentimento della morte.

Esposto per la prima volta alla Galleria Levi di Milano nel 1963 con una presentazione di Emilio Tadini, il ciclo delle Avventure di Gustavo B. è un’opera strutturata come un racconto, che per il suo schema “a puntate”, costituisce un’esperienza anomala nella scultura italiana dell’epoca. Racconto, nuovo racconto, relazione, possibilità di relazione, sono comunque categorie diffuse nel panorama italiano d’inizio anni sessanta quando, nello sforzo di uscire dal linguaggio inarticolato dell’informale, si cercano nuove articolazioni del linguaggio, rinnovati legami con la realtà. Sono gli anni in cui anche la filosofia riflette, attraverso la fenomenologia di Husserl e Merleau-Ponty, sul concetto di relazione, e in cui escono i libri di Paci Dall’esistenzialismo al relazionismo (1957) e di Semerari (La filosofia come relazione, 1961), centrati appunto su quelle problematiche.

Il racconto di Alik è però una sequenza dell’assurdo: qualcosa che ha uno spunto realistico, ma poi diventa incongruo, come dimostra anche il mutamento paradossale di proporzioni dei vari elementi.
Di G.B. conosciamo innanzitutto il luogo in cui vive, un paesaggio urbano malato; la casa, un interno altrettanto inverosimile, scandito spesso da lastre geometriche che tendono a formare un labirinto e a suggerire un senso di solitudine o di smarrimento. Le pareti di vetro rettangolare permettono tra l’altro di introdurre, nel corpo tridimensionale della scultura, superfici bidimensionali, simmetriche, di ascendenza costruttivista e astratto-concreta.

Subito dopo o subito prima (la narrazione segue un ritmo rigorosamente a-logico, che è inutile tentare di ordinare cronologicamente) accompagniamo Gustavo nel suo spostamento dal paese alla città (G.B inizia il suo viaggio per recarsi in città, 1961; G.B. va in città e inizia la sua vita sociale, 1960). Assistiamo inoltre ai suoi rapporti di lavoro (G.B. e il ragionier Rossi, 1961); e lo vediamo addirittura in una mostra d’arte o in un museo (G.B. nei meandri dell’arte, 1962). E non manca nemmeno il connubio romantico di amore e morte, affrontato con accenti ludici e ironici: la figura dell’innamorata (G.B. si innamora della signorina-bene, 1961; Fine di un amore, 1962) è evocata attraverso la sua testa mutila, il volto rovesciato e un braccio monco, in uno spazio dalla prospettiva ripida di ascendenza dechirichiana.

Sotto il velo della narrazione surreale si dipana dunque in questo ciclo di opere una routine quotidiana, indagata nelle sue banalità, nei suoi pregiudizi (il ragioniere, la signorina-bene), nella sua inautenticità. G.B., ha dichiarato Alik Cavaliere, è “un personaggio immaginario in cui mi specchiavo. Storie di uno come me, anonimo, inserito tra gli altri…”.

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